Pranayama, Asana, Mudra, Bandha. Si tratta di parole sanscrite ben note a tutti coloro che praticano lo yoga, ma pressoché sconosciute al “resto del mondo”. Chiunque intenda avvicinarsi alla pratica si ritrova, inevitabilmente, questi termini misteriosi sul suo cammino. Il viaggio alla scoperta del variegato universo dello yoga, che ciascuno dovrebbe intraprendere in armonia con i propri tempi, non può che iniziare dalle sue parole.

Innanzitutto, perché nello yoga si usano questi vocaboli antichi e non la loro traduzione? Si potrebbe credere che gli yogis utilizzino ancora oggi il sanscrito per conferire un tocco di mistero alla pratica, oppure del ricercato esotismo che non sta mai male, ma la verità è ben diversa. Infatti ciascun termine yogico racchiude una serie di significati letterali e simbolici difficilmente esprimibili con un unica parola italiana (o di qualunque altra lingua contemporanea).

Utilizzare la giusta nomenclatura consente di fare arrivare in modo più immediato i concetti dello yoga e di addentrarsi fin da subito nella sua filosofia. Per questo è importante conoscere ed usare i vocaboli sanscriti. Certo, queste parole criptiche potrebbero disorientare chi si avvicina per la prima volta allo yoga, ma non c’è davvero nulla da temere!

Iniziamo a conoscere alcune delle parole più importanti dello yoga:

PRANAYAMA

Il pranayama consiste in una serie di tecniche di respirazione. Esso insegna a respirare consapevolmente, “con presenza”, e attraverso questa pratica si può allungare, trattenere e modificare il respiro. È provato che una migliore respirazione favorisce la concentrazione ed il benessere fisico e mentale ed è capace di apportare calma e serenità.

Il termine pranayama deriva dall’unione di due parole sanscrite: “prana” è l’energia vitale dentro di noi (il respiro) mentre “yama” significa controllare, dirigere. Alcuni studiosi pensano invece che pranayama sia la fusione dei vocaboli “prana” e “ayama”, cioè espansione e liberazione. Qualunque sia l’etimologia più corretta, il concetto di pranayama resta chiaro e comprensibile a chiunque: riappropriarsi del controllo del proprio respiro, liberarlo così da riconnettersi alla propria energia.

Nella vita di tutti i giorni tendiamo a dimenticare l’importanza del respiro ma praticando lo yoga ci scopriamo d’accordo con la frase dal famoso maestro Iyengar: “Solo grazie ad una respirazione adeguata gli asana si riempiono di intelligenza”

Già, ma che cosa sono gli asana?!

ASANA

Niente di trascendentale (o forse sì?): gli asana sono le posizioni e le posture che si assumono durante la pratica dello yoga.

La funzione degli asana è collegata alla fisiologia indiana e più nello specifico al sistema dei chakra. Secondo questa concezione, assumendo determinate posizioni è possibile purificare i canali energetici e concentrare l’energia in alcuni punti del corpo per incrementare il benessere psicofisico.

Moltissimi asana prendono il loro nome dagli animali (la posizione del gatto, del serpente, dell’aquila, del coccodrillo) ma l’asana più noto è senza dubbio quello del loto: gambe incrociate, dorso delle mani sulle ginocchia, pollici e indici congiunti.

Decisamente l’immagine più associata allo yoga!

MUDRA

A proposito di pollice e indice congiunti: quello è un mudra. I mudra, letteralmente “forme” “sigilli” “simboli”, sono dei movimenti della mani che completano gli asana.

La concezione alla base dei mudra è simile a quella che sottostà agli asana: il nostro corpo è composto da canali energetici e tramite la connessione delle dita è possibile collegare tali canali ed attivare le energie del corpo e della mente.

I mudra aiutano la concentrazione, la rimozione delle tensioni, la serenità dei pensieri e la comunicazione con gli altri. Oltre che insieme alle posizioni, i mudra si eseguono spesso durante la meditazione.

I mudra più noti anche ai profani sono il Chin e il Jnana – pollici e indici congiunti, palmo in giù o in su – che rappresentano l’unione tra l’individuo e l’universo e l’Anjali (“offerta”) che consiste nel congiungere le mani davanti al petto per ritrovare il proprio centro ed armonizzare gli emisferi del cervello, ma che si usa anche come saluto alla fine delle classi di yoga!

BANDHA

Bandha, dal sanscrito “afferrare”, è l’azione del fissaggio posturale sia a livello fisiologico che energetico. L’utilità del bandha consiste nel favorire il flusso dell’energia dai chakra più bassi verso quelli più alti.

I bandha (Mula, Uddhyana, Jaladhara) sono ordinati gerarchicamente a seconda del chakra che coinvolgono: il primo riguarda i chakra inferiori (urogenitali), il secondo i chakra mediani (a livello del diaframma) ed il terzo quelli superiori (dalla gola al cranio).

Eseguendo i tre fissaggi posturali in modo congiunto e sinergico si effettua il bandha denominato Maha.

 

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